Prime Teatro Albertazzi trasforma Shylock

Secondo uno studio statistico recente, il più rappresentato al mondo tra i testi shakespeariani sarebbe, oh meraviglia, non Amleto o magari Romeo e Giulietta ma Il mercante di Venezia. Un capolavoro finora sottovalutato come titolo di cassetta. E questo, si desume, per colpa di un personaggio come Shylock. L’usuraio ebreo che, in odio ai cristiani presenti in forze nella bella Venezia, presta sì denaro all’odiata schiatta ma a condizioni inaccettabili quanto mostruose. Luogo comune consolidato da ogni qualsiasi lettura scenica che adotta quel consunto leit motif come norma ne varietur.
Ma Giorgio Albertazzi che oggi, agli ordini di un regista sensibile e intelligente come Giancarlo Marinelli, si adopera da maestro in questo ruolo ambito ma considerato oggetto d’orrore da parte delle anime sensibili, sbalestra con la sua prodigiosa interpretazione questo desolante assunto. Che nella lettura colta e spregiudicata della regia, tutta tesa ad elevare l’alto manierismo del testo qui promosso a livello di un teatro popolare d’innovazione, coglie il destro per dar fiato e voce all’ambiguità congenita di questa maschera. Collocato in una prospettiva che si rifà al ricordo delle feste cortigiane, in netto contrasto col mercante suadente e perspicace rigorosamente tracciato da Sergio Basile, lo Shylock del grande attore acquista una dimensione di rara e inconsueta forza introspettiva. E diviene uno strano emarginato che sigla il patto mortale della libbra di carne non come sigla di un odio razziale ma come in obbedienza a una bizzarria caratteriale che non sa spiegare neanche a se stesso. Tramutando lo spettacolo in una moralitat di tipo brechtiano sciolta dal Bardo di cui surroga la statura a livello dell’indecifrabile segno che incombe sul nostro destino.

IL MERCANTE DI VENEZIA – di Shakespeare Compagnia Marinelli. Regia di Giancarlo Marinelli, con Giorgio Albertazzi.Roma, Teatro Ghione fino al 23 febbraio, poi in tournee

di Enrico Groppali

Redazione
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