Grassoni e grissini. Ecco le metamorfosi che valgono l’Oscar

I primi minuti di American Hustle (nelle sale italiane dall’1 gennaio) sono tutti suoi. É lui, Christian Bale, il protagonista assoluto di un incipit che ipnotizza il pubblico. Nel film di David O.Russell ambientato alla fine degli anni ’70 e dedicato a un caso di corruzione emerso grazie alla curiosa alleanza tra Fbi e una coppia di truffatori (il caso Abscam), l’attore gallese appare come non lo si è mai visto. Bale si sistema allo specchio un terrificante parrucchino, incollandosi sulla testa parti di capelli finti. Ben sotto quella testa, è previsto un altro colpo di scena: una pancia da Oscar (o almeno così lui spera). Missione compiuta: non abbiamo idea di come si comporterà American Hustle nella notte dell’Academy (il cast in stato di grazia promette faville, con Bale insieme a Bradley Cooper, Amy Adams, Jennifer Lawrence, Jeremy Renner e perfino Robert De Niro in un’impeccabile partecipazione mafiosa) ma quel che è certo è che il personaggio interpretato da Christian Bale – il truffatore mezza tacca Irving Rosenfeld – resterà per sempre nella memoria del pubblico. Perché il segreto è vestire un corpo come si veste un ruolo. Anzi, entrare in un nuovo corpo per dare corpo al ruolo della vita. E perché gli attori, perlomeno quelli che pensano in grande, lo sanno: l’unica via per guadagnarsi l’immortalità è proprio il ruolo che non ti aspetti. Tutti a dire che i divi sono tali perché sfruttano il potere dell’immagine e che, come Dorian Gray, hanno un ritratto che invecchia al posto loro in soffitta, mentre quaggiù il diavolo li ha comprati a colpi di photoshop. E invece, prendete Bale che, detto tra noi, è riuscito ad essere sex symbol perfino da serial killer in American Psycho, o ha vestito lo smoking fico di Bruce Wayne alias Batman in film come Batman Begins e Il cavaliere Oscuro. Lui non si è fatto problemi, e ha imboccato la strada opposta a quella che porta alla beauty farm. Lo aveva già fatto in The Fighter (diretto sempre da Russell), dove era dimagrito da paura nel ruolo di un tossico fumatore di crack e in L’uomo senza sonno di Brad Anderson, dove il suo corpo pelle e ossa è quasi insostenibile alla vista. Ma con lui non mancano i colleghi che il proprio corpo l’hanno ristretto, allargato, straziato, umiliato. Sempre a gennaio, il 30, sugli schermi italiani arriverà Dallas Buyers Club del canadese Jean-Marc Vallée, film che ai festival di Toronto e Roma ha strappato applausi: nel ruolo dell’elettricista texano Ron Woodroof malato di Aids e capace di sfidare le multinazionali farmaceutiche Usa, l’aitante, solitamente palestrato Matthew McConaughey (quello che nemmeno un anno fa esibiva i propri addominali di marmo come ex spogliarellista in Magic Mike di Soderbergh) si presenta scheletrico, alleggerito di 15 chili per il ruolo. Accanto a lui, un altrettanto patito Jared Leto. Anch’egli sex symbol quando è in peso forma, Leto nel 2007 aveva fatto di peggio, acquistando la bellezza di 30 chili per interpretare l’assassino di John Lennon, Mark David Chapman, nel film Chapter 27. Per McConaughey e Leto si parla, manco a dirlo, di papabile Oscar per il ruolo in Dallas Buyers Club. Un altro belloccio fattosi piuma è Matthew Fox, l’ex fusto del serial Lost trasformatosi in un serial killer ossuto e dagli occhi stralunati nel thriller Alex Cross di Rob Cohen. E per finire la galleria dei belli scarnificati sul set, impossibile non citare Michael Fassbender disposto, nel film Hunger di Steve McQueen, a perdere 30 chili per interpretare il militante dell’Ira Bobby Sands, morto nel 1981 dopo uno sciopero della fame. Quanto a prendere chili a dismisura, il primo a dettare la linea fu Robert De Niro, indimenticabile nel ruolo del pugile Jack LaMotta nello scorsesiano Toro scatenato: prima 20 chili di muscoli per salire sul ring, poi 27 chili di ciccia per vestire l’atleta al tramonto. Inutile dirlo, il ruolo fu bagnato dall’Oscar, e Scorsese smise di preoccuparsi per un possibile infarto del suo attore feticcio. Memorabile anche il Vincent D’Onofrio ingrassato di 35 chili per trasformarsi nel «marine mancato» Palla di Lardo in Full Metal Jacket di Kubrick e, tornando ai belli che decidono di non ballare, Colin Farrell in versione «panza più pelata», bruttissimo e detestabile nella commedia Come ammazzare il capo… e vivere felici di Seth Gordon. Le attrici disposte a rischiare con la bilancia sono al contrario poche, forse perché per loro la cinica Hollywood prevede una carriera più breve, e dunque tanto vale passarla in ruoli avvenenti. Ma la bellissima sudafricana Charlize Theron trasformata in flaccida serial-killer in Monster (14 chili e un Oscar in più) e Renée Zellweger nella taglia forte di Bridget Jones (12 chili in più e l’eterna riconoscenza delle bruttine) hanno vinto la scommessa. Molto più facile imbruttirsi col look: memorabili gli orridi sopraccigli di Salma Hayek nel ruolo di Frida Kahlo in Frida, inappetibile per mascolinità la Hillary Swank (da Oscar) in Boys Don’t Cry, sciatta e con una permanente da arresto Cameron Diaz in Essere John Malkovich di Spike Jonze. Una volta spente le luci del set, però, basta un colpo di spazzola e l’autostima ritorna.

Nel film «Toro scatenato»
del 1980 (diretto da Scorsese) è ingrassato di trenta chili per interpretare Jake LaMotta

Per calarsi nel ruolo di Aileen nel film «Monster» del 2003
è ingrassata di 15 kg.
Guadagnandosi un Oscar

Nel ruolo di Bridget Jones nel primo film del 2000, prende molti chili ma conquista anche una nomination all’Oscar

In «Full metal jacket» ingrassò di 35 chili per intepretare
il ruolo del «marine mancato» Palla di Lardo nel film dell’87

Bale mette su trenta chili per “American Hustle”, McConaughey scheletrico in “Dallas Buyers Club”

Ferruccio Gattuso

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