Al Bano-Parodi, che carramba. Il buonismo fa male a Raiuno

Sono terreni scivolosi, zone insidiose, sane e malaticce allo stesso tempo. Quando ci si avventura nella tv umanitaria, nelle cronache dei disperati, di persone che hanno subìto separazioni traumatiche o ferite difficili da rimarginare si entra in una zona a rischio. La difficoltà principale della «philantropic tv» è trovare la misura. Non cedere al pietismo, alla narrazione buonista, a un retrogusto di volontariato peloso come rischia di mostrarsi sempre quando ci sono di mezzo la telecamera, l’audience da prima serata e tutto il resto. E poi le espressioni compunte e compassionevoli… Trappole disseminate sul percorso, in qualcuna è facile cadere. Critiche che abbiamo già letto in passato, a proposito della tv del dolore e di tanti people show a cominciare da Carramba che sorpresa per proseguire con C’è posta per te, due capisaldi. Tuttavia, bisogna dare atto della volontà di provarci.

Negli ultimi tempi la Raiuno di Giancarlo Leone sta tentando di aprire – o riaprire – questo filone. Dopo le due serate dedicate a Mission, i vip a contatto con le situazioni dei campi profughi della Siria e del Mali, e Io esisto, il charity show di Telethon per raccogliere fondi per la ricerca sulle malattie genetiche rare, l’altra sera abbiamo visto Così lontani così vicini, prima di quattro puntate adattate dal format olandese Find my family. A guidarci nelle storie di separazione familiare c’era la coppia formata da Al Bano Carrisi e Cristina Parodi. Inedita a tutti gli effetti: Al Bano – che pure è il testimonial del nuovo filone essendo stato protagonista anche di un lungo reportage di Mission – nel ruolo di conduttore-narratore, e Cristina Parodi, inviata alla ricerca del congiunto da trovare, al suo debutto su Raiuno in un programma curato da Magnolia, la società fondata, e da tempo lasciata, dal marito Giorgio Gori.

«In Italia migliaia di persone si stanno cercando», ha esordito Al Bano esagerando un po’. E già si temeva l’overdose e l’eccesso strappalacrime. Tre delle quattro storie raccontate avevano a che fare con esperienze di adozione, «periferia esistenziale» ad alto rischio. E qui la notizia è che danni irreparabili non se ne sono riscontrati. La quarta storia, più breve, riguardava due fratelli, Maria settantaduenne siciliana, e Ettore, emigrato in America, che avevano perso le rispettive tracce dopo il funerale della madre, vent’anni fa a New York. Come detto, in questi casi la difficoltà maggiore è trovare la misura del racconto, evitando spettacolarizzazioni e indugi sentimentali. Il primo pericolo, con l’inevitabile effetto-Carramba, è stato aggirato grazie alla rinuncia allo studio televisivo in favore del racconto in esterna. Molto più minacciosa la palude sentimentale, soprattutto nelle storie di adozione e in particolare in quella che aveva per protagonista Ever, venticinquenne brasiliano di Bahia, adottato a quattro anni quando la madre si accorse di non poter mantenere tutti i figli e decise di lasciare i più piccoli. Felicemente adottato da una coppia piemontese, ora sposato e padre di una bimba, Ever vuol ritrovare la sorella maggiore e con lei la mamma naturale per sapere come vivono e se può esser loro d’aiuto…

Sentimentalismo e lacrime, dunque. Primi piani su volti sopraffatti dalla commozione. E una narrazione un po’ pedissequa: l’incontro con la persona alla ricerca del familiare, i ricordi, l’indagine, il ritrovamento, il momento «foto più lettera» che nessuno riesce a leggere senza singhiozzare… Ma alla fine, con la storia che ha sulle spalle, Al Bano risulta abbastanza credibile e, con l’aiuto degli (otto) autori, riesce a trovare il tono giusto. La Parodi è pur sempre una giornalista e non sbraca in smorfie. Semmai un tantino nel look, Rolex e chiodo fashion poco adatti.

Alla fine di tutto, pur con i possibili miglioramenti, resta il coraggio dell’esperimento. L’accoglienza del pubblico è stata tiepida: solo il 15,93 per cento (oltre 4 milioni di spettatori). Ma bisogna riconoscere che in piena crisi, quando di solito funzionano evasione e leggerezza, i temi trattati non sono così popolari. Però, almeno ci stiamo accorgendo che c’è un’altra tv oltre il varietà e i talk delle chiacchiere. Da assumere a piccole dosi.

Gli ascolti non premiano lo show “Così lontani così vicini”. E la “tv filantropica” corre il rischio di speculare sul dolore

Maurizio Caverzan

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