Amendola regista con i fondi da "debuttante"

Debuttare come regista a mezzo secolo e passa, muovendo i primi passi con i soldi pubblici e rischiare i quattrini di tutti pretendendosi principianti? È La mossa del pinguino, cioè l’esordio dietro la macchina da presa di Claudio Amendola, 54 anni, che anche per via del cognome paterno ha incollato il nome in cartellone da decenni e non poteva resistere al richiamo del «deb». Chi se ne importa dell’anagrafe: principiare in questo paese, che scoraggia i suoi giovani migliori, è possibile pure «in articulo mortis». Basta essere nel giro. Così il Mibac finanzia con 200mila euro la commedia sportiva «di interesse culturale» dell’attore romano, che, per un meccanismo automatico, si trasforma in regista d’essai. Ovvero di nicchia, per palati fini.

A guardare i trailer, non tira un’aria culturale nei dialoghi di tale opera prima, sostenuta dalla Film Commission Piemonte, dall’Istituto per il Credito Sportivo e patrocinata dalla Federazione Italiana Sport Ghiaccio (Fisg). Il disoccupato Bruno (Edoardo Leo) chiede all’amico piacione (Ricky Memphis) cosa pensi del curling. «Che è ‘no sport de merda!». E Antonello Fassari, spaccone come ne I Cesaroni, s’interroga: «Vabbè, ma ‘sto curling, che cazzo è?». Il tono del Full Monty sul ghiaccio, che narra le disavventure di quattro precari della vita in cerca di riscatto tramite lo sport, è quello del disincanto vaccinaro, buono per chi è di bocca buona. Il film esce il 6 marzo, con circa 200 copie e vedremo il responso del pubblico, che al momento dimostra di saper premiare film coraggiosi di esordienti indipendenti come Ciro De Caro, classe ’75 (Spaghetti Story) o Sidney Sibilia (Smetto quando voglio), classe ’81. Ma la domanda è: perché fornire benefici statali a chi, per età e rendita di posizione, non può certo dirsi debuttante? «Purtroppo, le regole ora in vigore non pretendono il requisito dell’età: da nessuna parte è scritto che bisognerebbe debuttare al massimo entro i 35 anni. Dato il paese, direi anche entro i 40», sospira Nicola Borrelli, responsabile della Direzione Generale Cinema al Mibac. Annunciando altresì che la normativa «degli anni Ottanta, quando c’erano i soldi e si poteva stare poco attenti», dovrà «essere aggiustata al più presto».

Altra anomalia rimane quella del riconoscimento di «film d’essai», dato di default ai film sostenuti dal fondo pubblico. «Una norma che grida vendetta. Dobbiamo rivedere l’intero impianto normativo», spiega Borrelli. Nelle more degli aggiustamenti a venire, teniamoci gli esordienti di mille mesi e lasciamo i giovani al palo. Salta chi zompa, diceva er Monnezza.

Il suo film finanziato dal Mibac con duecentomila euro

Cinzia Romani

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