«Mi rimetto in gioco E a Sanremo canto i miei maestri»

Prima allarga un sorriso largo così. Poi si rattrista. Poi si ferma a pensare. Arisa è un fiume in piena, emozionatissima, parla del suo prossimo Sanremo come se fosse il primo e invece è il quarto in gara: «Per me il Festival è sempre un premio», dice prima di spiegare per filo e per segno le sue due canzoni e l’album che le contiene, Se vedo te. «Sono una fotografia di come sono stata nel mio ultimo anno e di come sarò in futuro». E c’è una dolcezza quasi infantile nelle sue parole quando dice: «Ho deciso di prendere in mano la mia vita». E il disco è senza dubbio un passo avanti, se non altro perché contiene canzoni firmate dal meglio cantautorato in circolazione, da Dente a Cristina Donà fino al sempre più bravo Giuseppe Anastasi e allo struggente Antonio Di Martino, e illumina sempre più a fondo il lato nascosto e irrequieto di questa artista sui generis che fa tutto, cantare recitare doppiare parlare, allo stesso modo: con disarmante candore.
Però, cara Arisa, tra tutti l’incontro più imprevedibile è quello con Cristina Donà (è suo anche Lentamente, uno dei due brani in gara).
«E perché? Ho imparato a cantare anche grazie a lei. Ricordo che persino Radio Potenza trasmetteva la sua Universo. E io la ascoltavo anche in viaggio sulla Jetta di mio padre».
Anche Dente non è uno dei nomi più facili da immaginare in un disco di Arisa.
«Nell sue canzoni c’è il ritratto di un uomo che ama con la genuinità e l’animosità che piacciono a me».
Però non è un disco pieno di ottimismo.
«Una volta ho incontrato una “sciamana” che mi ha detto: in ognuno di noi c’è un fondo di disperazione ma la disperazione però deve andare a braccetto con l’ironia. La penso così. Anche se ho sempre più difficoltà a vivere la mia vita».
Addirittura.
«Spesso è assai pesante coincidere con il proprio lavoro. Io sono il mio lavoro. Difficile trovare spazio ad altro, anche solo fare amicizia. Dalle mie parti c’è un detto che spiega tutto: “Figli piccoli, problemi piccoli. Figli grandi, problemi grandi”. Quando le responsabilità crescono, spesso diventano difficili da gestire».
Vorrebbe un figlio?
«Sì. Sento questa necessità anche se ora non è dietro l’angolo».
Diciamo che il momento non è uno dei più elettrizzanti.
«Mi sa che farò come Noemi e andrò via dall’Italia. Magari a Londra, a vivere in un’altra dimensione».
Noemi è giudice a The Voice, lei lo ha fatto a X Factor.
«E ho avuto periodi in cui mi è dispiaciuto molto non farne più parte. Ma ho avuto più tempo per decidere chi volevo essere: e io sono una cantante».
Mika?
«È la vera star di X Factor. Ha trovato l’America in Italia».
Non sempre i vincitori di quel talent però trovano l’America in classifica.
«Forse perché X Factor fa lo stesso errore di tanta discografia italiana: seguire ciò che si crede possa funzionare e non essere invece più attenti alla “pancia” dello spettatore».
E lei?
«Io seguo spesso il mio istinto, non mi pongo limiti. Ad esempio, ad aprile uscirà un film animato nel quale ho fatto la doppiatrice. Si intitola Barry Gloria e i Disco Worms».
Cosa c’entra con l’istinto?
«Ho accettato perché la storia mi ha colpito subito: i protagonisti sono questi “piccoli vermi” che, a dispetto di ogni evidenza, diventano stelle della disco music».
Nel frattempo c’è il Festival. Al venerdì duetterà con i danesi Whomadewho in Cuccurucucu di Battiato.
«E se Battiato scrivesse un brano per me sarei felicissima. Lui è imprevedibile».
Anche lei spesso ha sovvertito le aspettative. Sincerità era il perfetto brano pop, La notte invece molto cantautorale.
«E il brano di Cristina Donà, Lentamente, è proprio la ideale continuazione de La Notte. E la canto con passione sentita».
La sua voce sembra più ambrata e forse gli acuti si sono un po’ arrotondati.
«Vuole che le dica? Vorrei studiare canto lirico, sono un “sopranino”, se avessi tempo prenderei anche lezioni. Mai smettere di imparare».

Paolo Giordano
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