Propaganda anche in 3D Hollywood con i «Lego» fa un film anticapitalista

da Los Angeles

Ancora più dei supereroi della Marvel o dei personaggi di Guerre Stellari, i pezzetti Lego sono le figure più conosciute nel mondo dello show-business. Esce adesso l’attesissimo The Lego Movie, sull’onda di uno tsunami legato ai brand come da tempo non accadeva a Hollywood. E di incroci sinergici da vero kolossal (videogames legati al film, merchandise e così via). E tranquilli, perché Batman, Gandalf e Luke Skywalker fanno capolino nel film della Warner Brothers. Insomma, un kolossal di Lego, girato in 3-D, animazione digitale mescolata all’azione dal vivo, ovvero milioni di pezzetti costruiti dai «master builders» della Lego, filmati e poi fusi nella computer graphics. La storia del film, diretto da Phil Lord e Christopher Miller (Piovono polpette), ha un sottotesto anti-totalitario, suggerendo che le grandi aziende multinazionali attraverso l’intrattenimento ci tengono volutamente in uno stato di ebete idiozia. Secondo il Los Angeles Times, The Lego Movie appare «il film commerciale più sovversivo che Hollywood abbia sfoderato per il grande pubblico americano negli ultimi anni». «È il primo film-giocattolo post-moderno di sempre – scrive il quotidiano -. Una costruzione davvero unica». Dice Miller, uno dei due registi: «È un film anti-capitalista che parla di un’azienda capitalista, questa è la sintesi in breve». The Lego Movie è la storia di Emmet, l’omino Lego qualunque (voce di Chris Pratt nell’originale inglese), un impiegato modello ligio alle regole, felice di far parte della squadra costruttori agli ordini di Lord Business (voce di Will Ferrell, gli altri doppiatori sono Morgan Freeman e Liam Neeson), che obbliga a seguire programmi televisivi che rendono tutti stupidi e beati. Ma la tranquilla routine di Emmet è sconvolta quando viene scambiato per «la persona speciale» salvatore del mondo (alla Matrix) quando Lord Business, affetto da mania onnipotente e smanie di dominazione planetaria, minaccia tutti con l’arma più devastante: il superglue, la colla attaccatutto, che impedirebbe per sempre alle costruzioni Lego di venir smontate e rimontate.
«Secondo noi il Lego è anche una forma d’arte», dice l’altro regista, Lord. «Non è solo plastica colorata a incastro. Volevamo trasmettere l’idea che chiunque potrebbe realizzare questa storia nel suo garage, a patto che abbiano un enorme garage e milioni di blocchetti!». Per la precisione circa 15 milioni di singoli pezzi usati per il film.
La grafica del film è stata congegnata secondo un’estetica precisa. I personaggi sembrano e si muovono come i veri pezzi di un Lego, senza seguire la logica motoria del CGI secondo cui tutto va bene. L’acqua dell’oceano, per esempio, è fatta di pezzi di Lego azzurri, gli edifici sono come sa bene chiunque abbia giocato col gioco danese, e le persone (da Emmett a Lord Business) sono proprio come le figurine Lego, solo che si muovono e parlano. Come fanno i cartoon della Pixar e della DreamWorks, anche The Lego Movie è pieno di citazioni fatte per il pubblico degli adulti, da scherzi sulla voce Siri (iPhone) a battute (difficili da rendere in italiano) tipo Rest in pieces (riposa in pezzi, invece che in «peace», in pace), oltre al soggiacente j’accuse all’egoistica rigidezza corporativa. L’entusiasmo per il Lego, sia nella loro infanzia che oggi con figli o nipoti, è quello che ha attratto i celebri attori a prestare la loro voce ai personaggi nel film. «Ora sono un papà ed è bello vedere i figli giocare con le stesse cose con cui giocavo io da piccolo», dice Will Ferrel. Nel film ci sono frecciatine sarcastiche anche alle catene di fast-food, alla reality tv («oppio dell’elettorato») e riferimenti alla migrazione dei popoli. Ma non è una contraddizione questo attacco al capitalismo in un film che si crogiola e fiorisce nel terreno dei grandi marchi? «Nel nostro film c’è di tutto – afferma Lord – c’è un cinema vecchia maniera sul bisogno di uscire dalla catena di montaggio, alla Tempi moderni di Chaplin, ma c’è anche la celebrazione di un gigante della giocattoleria. In fin dei conti questa ambiguità è alla base della stessa Lego. Ci sono le istruzioni che devi seguire alla lettera se vuoi costruire qualcosa di identico alla figura sulla scatola, e c’è anche la voglia di fregarsene, mescolare i pezzi e fare qualcosa partendo da zero seguendo esclusivamente il proprio estro e fantasia. Questo è il bello del Lego – conclude Lord – e questo è il divertimento intrinseco alla trama del nostro piccolo grande Lego Movie».

Carlo Bizio
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